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H-FARM Innovation becomes MAIZE.
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La digitalizzazione del prodotto

Come il design e la progettazione 3D possono velocizzare e facilitare i processi di sviluppo prodotto, soprattutto nel settore della moda.

Michele  Scian
Michele Scian Manager, Content Designer
Gennaio 14, 2022
  • Innovation Strategy
  • 3D
  • Digital Creation

23 Ottobre 2001, il giorno in cui viene lanciato il primo iPod. Un piccolo oggetto in grado di contenere 1.000 canzoni, e che in coppia con iTunes, porta in poco tempo Apple a dominare il 50% delle vendite del mercato musicale. iPod e iTunes contribuiscono così alla rivoluzione della distribuzione digitale della musica, un processo di “dematerializzazione” che comincia ben prima del 2001. Dai vinili alle audiocassette, passando attraverso i CD e arrivando a oggi dove musica è sinonimo principalmente di streaming.

 

Il rapporto tra fisico e digitale è un tema che caratterizza i nostri tempi, soprattutto dopo che la pandemia ci ha imposto di rivedere l’equilibrio fra queste due parti, con la conseguenza che ora la dimensione digitale sembra avere più spazio e importanza. Oggi per esempio non è più necessario che un oggetto fisico per sua definizione, sia ancora fisico. Non è più fondamentale avere il prodotto finito “da toccare” per riuscire a venderlo, non è più fondamentale avere subito il prototipo di un oggetto o di un abito per valutarne la fattura. Spesso basta solo la sua copia digitale, e così il processo di dematerializzazione vissuto nella musica diventa sempre più una realtà anche in altri settori.

 

In tutto questo la progettazione 3D gioca un ruolo principale. Una tecnologia che negli ultimi decenni si è evoluta molto in termini di qualità della resa e velocità di realizzazione, tanto che oggi consente di avere un livello di definizione tale per cui è difficile riconoscere la differenza tra prototipi digitale o reali. L’evoluzione nel livello di dettaglio e la qualità dell’immagine sono molto evidenti nel mondo del cinema. 

Un confronto tra il “Re Leone” del 1994 e lo stesso film del 2019.
“Il pianeta delle scimmie” del 1968 e il suo remake del 2001.

Ormai ci siamo abituati alla precisione che il design 3D è in grado di offrire, e grazie anche ai nuovi ed evoluti software che rendono questa tecnologia più semplice, il suo utilizzo è sempre più diffuso da parte di tipologie diverse di azienda.

 

Una forte accelerazione del suo impiego è avvenuta per esempio nel settore moda, che in questi anni sta ripensando il processo di progettazione di abiti, scarpe e accessori.


Dal prototipo fisico al modello digitale

Per capirci meglio, facciamo qualche esempio: cosa significa dematerializzare e digitalizzare il prodotto?

  • Prendere delle decisioni sul design di un prodotto prima ancora della sua realizzazione fisica. Rendere visibile velocemente un’idea, testare alcune varianti e condividerle con più persone senza dover fare lo sforzo d’immaginare il risultato finale. In fase di sviluppo prodotto questo significa una netta riduzione dei tempi e un approccio più collaborativo al design.
Spesso per valutare la resa di diversi materiali si realizzano più prototipi, altre volte, i tempi di sviluppo stretti rendono possibile avere un’unica versione fisica del prodotto, sacrificando così la sperimentazione di diverse soluzioni che invece possono essere visualizzate velocemente in 3D.
  • Sperimentare di più, in modo veloce e ottenendo facilmente diverse varianti di colore e materiali. Visionare in modo concreto tutte le SKU (stock keeping unit) di un prodotto o di un outfit. Questo significa facilitare le decisioni già in fase di pre-prototipia con un notevole risparmio di tempi.
In pochi minuti si può ottenere una visualizzazione completa delle varianti colore e/o materiale senza dover sviluppare il prototipo fisico.
  • Produrre materiali, in modo rapido e sempre aggiornato, da dedicare alla comunicazione e al marketing. Un processo digitale ci permette di creare immagini, video, schede tecniche e altro già dalle primissime fasi di progettazione. In questo modo è possibile attingere a una fonte pressoché illimitata di documentazione, accorciando i tempi tipici che intercorrono fra la presentazione del prodotto e l’inizio della campagna di vendita.
Scattare uno shooting senza aver realizzato il prodotto fisico è uno dei risultati che si possono ottenere grazie alla progettazione 3D. Ti svelo un segreto: l'abito scuro non esiste, è stato creato ed applicato solo in 3D!
  • Testare e misurare il gradimento di un prodotto attraverso i canali digitali come piattaforme interne o social network. Mostrando in anteprima abiti o calzature, buyer o gli stessi clienti, possono esprimere il loro giudizio e dare feedback di miglioramento prima che lo stesso prodotto venga messo in produzione.
  • Realizzare esperienze interattive di prodotto come visualizzazioni in Augmented/Virtual Reality in maniera più agile, attingendo direttamente dai file di progettazione.
Wanna è una soluzione che consente di integrare la tecnologia AR nel proprio sito web o app, selezionare le scarpe preferite e provarle in digitale direttamente sul piede. Progettando in 3D, una calzatura in Augmented Reality può essere lanciata nel mercato ancor prima di aver realizzato il prototipo fisico.
  • Minor circolazione delle merci in caso di processi produttivi che impegnano più team in location diverse. I prodotti digitali mostrano spesso sufficienti dettagli per poter essere valutati senza la necessità di avere il prototipo fisico da maneggiare; pensiamo solo a colori e materiali nuovi su un prodotto carry over. Il 3D può limitare moltissimo la necessità di spostare la merce tra i vari uffici durante il processo di approvazione.
  • Minor impatto ambientale dettato dalla riduzione di materie prime impiegate nella fase di prototipazione grazie alle versioni digitali. Il numero di prototipi fisici per lo sdifettamento dei capi può così ridursi sensibilmente.
  • In fase di produzione possiamo navigare tra librerie di materiali o prodotti delle collezioni precedenti, anche quelli non usciti sul mercato. Le librerie digitali, oltre ad eliminare la necessità di avere dei magazzini fisici, risultano più facilmente accessibili in fase di progettazione prodotto, sia esso di nuova concezione, o una reinterpretazione di prodotti carry over
Librerie digitali come Dmix Cloud o Swatchbook per esempio velocizzano le attività e danno maggior libertà ai designer in fase di studio dei materiali.

Da casi molto pratici ad altri più visionari ma ciò nondimeno reali, come i capi di abbigliamento 3D acquistati tramite NFT… e mai indossati dal proprietario! The Fabricant, ad esempio, è unagenzia di digital couture che collabora con molte case di moda nella creazione di capi digitali.

 

“Iridescence”, un abito digitale venduto per $9.500.

Linearità vs circolarità

Oggi lo sviluppo di un classico prodotto moda ha un processo lineare che — semplificato — prevede queste fasi: definizione concept, studio materiale/colore, sviluppo prodotto in cui si trasforma lo studio in un prototipo; una volta creato il prototipo inizia la fase di sdifettamento che può richiedere più di un capo da testare. Ottenuto il risultato desiderato si passa al coordinamento con la produzione. Il marketing è l’ultimo step del processo di creazione di un capo.

 

La digitalizzazione del prodotto richiede di rivedere il processo, da uno schema lineare ad uno schema circolare

 

Invece che ragionare in modo lineare, passaggio dopo passaggio, dove ogni step dipende dall’altro, basta sviluppare velocemente il prototipo digitale del capo di abbigliamento. Creato il capo digitale le possibilità sono infinite: si può vedere, ruotare, applicare varie tipologie di colore o materiale in tempo reale, revisionare il capo cambiandone la forma, etc.  

 

Il capo digitale semplifica immediatamente il dialogo tra i vari team e in particolare crea un ponte diretto con il marketing, consentendo ad esempio di visionare i capi in progettazione prima che essi vadano in produzione, facilitando lo sviluppo della campagna di lancio. Nel caso di un capo digitale non tutti i passaggi di sviluppo dipendono dal precedente e non seguendo un percorso lineare, si possono ipotizzare delle scorciatoie o dei processi ridotti. 


Ok, allora digitalizziamo tutto! Andiamo con calma. 

Anche per digitalizzare è necessario partire con un investimento in tempo e costi, e per capire se questa operazione ha senso è necessario definire cosa viene considerato “valore” per l’azienda. Bisogna valutare con cura il processo di lavoro già in atto e conoscere bene i meccanismi che regolano il lavoro digitale. Questo permette di comprendere concretamente se il valore sta nel prodotto, nella vendita o nella comunicazione. 

 

Se per esempio per ogni capo di abbigliamento ho bisogno di fare almeno 3-4 prototipi, forse il valore di passare al digitale è proprio qui. Posso ridurre il numero dei prototipi e velocizzare lo sviluppo. Nel caso in cui io abbia pochi prodotti ma necessiti di testare tante SKU il valore sta nella possibilità di digitalizzare tutte le SKU, realizzando cataloghi digitali da mostrarle a buyer o clienti finali, senza dover realizzare shooting dedicati.

 

Il valore generato da un processo di digitalizzazione dipende da innumerevoli fattori che vanno valutati sulle specifiche esigenze della produzione.

 

Per alcune aziende è un cambiamento ancora in fase di partenza, per altre è già realtà. Ikea è un ottimo esempio di brand che ha saputo sfruttare al meglio questo cambio di paradigma.

Il configuratore IKEA permette di creare facilmente diversi prototipi.

Come si affronta un percorso di questo tipo?

Questo è sicuramente un percorso complesso che per essere messo in atto prevede l’intervento in 5 aree fondamentali per la vita e il futuro di un’azienda: 

  • Cultura — Ogni azienda che affronta un percorso del genere deve fare i conti con un importante cambio culturale. Rivoluzionare la progettazione di prodotto può essere un operazione complessa da far accettare ai dipendenti che per molti anni hanno lavorato realizzando solo prototipi fisici.
  • Tecnologie — Bisogna adottare la giusta tecnologia, individuando il software più adatto all’azienda. Alcuni software sono gratuiti altri hanno un abbonamento mensile o annuale, sperimentare e fare diversi test non costa nulla.
  • Competenze — In primis è possibile utilizzare competenze esterne per sperimentare il processo di 3D design e progettazione e capire cosa porta maggior valore. Poi è fondamentale portare in azienda nuove competenze o far evolvere alcune risorse già presenti.
  • Scalabilità — Negli anni il processo deve scalare e diventare normalità, il rischio di confinare il tutto a un piccolo team per troppo tempo è che diventi solo sperimentazione. Scalare significa anche creare delle automazioni software che consentano di velocizzare ancor di più alcuni passaggi.
  • Esplorazione — È un settore in costante cambiamento, ogni mese ci sono news, nuovi software, plugin e casi studio. Una volta implementata la base è fondamentale diventare esploratori in azienda e prototipare nuove soluzioni che possono migliorare il modo di lavorare.

E quindi?

Digitalizzare e dematerializzare il prodotto è un’opportunità per rivedere e snellire i processi di sviluppo ma è anche l’occasione per evolvere diversi aspetti organizzativi dell’azienda. Significa dare vita ad un nuovo approccio lavorativo, ma soprattutto ad un nuovo mindset. Ha senso digitalizzare qualsiasi prodotto per velocizzarne lo sviluppo? Probabilmente no, ma è fondamentale che le aziende riflettano e comprendano qual è il valore concreto che può generare la digitalizzazione, così da poter trarne il maggior beneficio possibile. Ed è importante che lo facciano oggi per evitare di trovarsi impreparati di fronte al cambio generazionale, ma soprattutto al cambio di mentalità dei propri clienti.


Per saperne di più sulla digitalizzazione del prodotto:

innovation@h-farm.com